Hard-to-abate: i settori più difficili da decarbonizzare

01/12/2023

Hard-to-abate

Si definiscono hard-to-abate i settori industriali particolarmente difficili da decarbonizzare o riconvertire: si tratta di quei comparti che impiegano grandi quantitativi di combustibili o che si basano su processi che, per loro natura, generano anidride carbonica come sottoprodotto. In questi casi, il rilascio CO2 in atmosfera è quindi intrinseco al processo per arrivare al prodotto finito.

A partire dagli anni ‘90 le industrie hard-to-abate hanno cercato di efficientare i propri processi utilizzando meno risorse ed energia come input per ottenere lo stesso prodotto. Oggi, però, l’efficientamento non è più una risposta sufficiente per compiere l’ormai necessaria transizione energetica

Una soluzione che supporta i comparti hard-to-abate nel raggiungimento della carbon neutrality è la cattura e sequestro della CO2. Prevenendo il rilascio in atmosfera del gas serra ottenuto dal processo produttivo attraverso la sua cattura è infatti possibile arrivare a un equilibrio tra inquinanti prodotti e inquinanti rimossi.

I principali settori hard-to-abate: peculiarità, opportunità e criticità

La combustione, che è finalizzata alla produzione di energia termica, ma che porta con sé l’emissione di CO2, è alla base dell’attività di diverse industrie, tra cui cementifici, vetrerie, raffinerie, acciaierie e produzione di energia elettrica.

I cementifici sono il tipico esempio di industria hard-to-abate. La Commissione europea stima che circa il 60% delle emissioni di un cementificio sia legato alla chimica di processo a partire dall’uso del carbonato di calcio. Poiché questo è da secoli l’unica materia prima nota per ottenere il cemento, la cattura del carbonio risulta essere al momento la tecnica più efficace per mitigarne le emissioni.

Nel contesto delle vetrerie, invece, occorrono grandi quantità di gas naturale per raggiungere la temperatura di fusione delle sabbie. Una strada possibile è la sostituzione del gas naturale con idrogeno a basse emissioni di carbonio oppure l’ossicombustione, che permette la riduzione dei consumi e l’impiego di minori quantità di gas naturale, grazie alla sostituzione dell’aria con l’ossigeno all’interno del processo di combustione. L’aria, infatti, è composta per l’80% da azoto e per il 20% di ossigeno ma solo quest’ultimo contribuisce alla combustione. L’azoto rende quindi inefficiente il processo di combustione e contribuisce all’aumento delle emissioni. Impiegare direttamente ossigeno al posto dell’aria rappresenta quindi una soluzione per rendere più sostenibili questi processi.

E ancora, se si parla di raffinerie, la direzione che questa industria hard-to-abate sta imboccando è il passaggio dalla raffinazione tradizionale alla bioraffineria. Invece di usare il petrolio come input, la ricerca punta a trovare materie di scarto e oli esausti per ottenere un prodotto simile a minor impatto ambientale.

Guardando poi al ciclo dell’acciaio è possibile impiegare idrogeno da fonti rinnovabili negli intermedi di processo. In Italia la produzione di acciaio è a minore impatto ambientale rispetto ad altri contesti perché molte acciaierie utilizzano rottame come materiale di partenza e sono basate sulla produzione da forno ad arco elettrico. Tuttavia, per ottenere acciai di qualità superiore, occorre prevedere nel processo una carica vergine normalmente derivante da altiforni che impiegano combustibile fossile. Sono proprio gli altiforni a poter essere sostituiti con processi alternativi. Tra questi, troviamo il DRI (Direct Reduced Iron), un processo che permette di ridurre le emissioni fino al 60% (fonte: Steel Times International) essendo basato sull’utilizzo di gas naturale o idrogeno e non sul consumo e il trattamento di carbon fossile.

Attualmente, l’acciaio più sostenibile è quello prodotto da forno ad arco elettrico (Electric Arc Furnace - EAF) partendo da rottame. Anche in questo caso è previsto l’uso di gas naturale per raggiungere la temperatura di fusione, dunque le emissioni sono limitate, ma non azzerate.

Infine, anche la produzione di energia elettrica attraverso turbine a ciclo continuo è considerata hard-to-abate, poiché per il loro funzionamento viene impiegato gas naturale in grandi quantitativi. In questo comparto, l’energia ricavata da fonti rinnovabili è, sul medio periodo, la risposta low-carbon per le aziende.

Passare dagli attuali processi di business hard-to-abate a una produzione che non prevede emissioni di CO2 richiede innovazione e un partner in grado di guidare ogni azienda nel suo particolare percorso verso un futuro più sostenibile, attraverso soluzioni su misura. Un compito che Air Liquide svolge ormai da anni.

Il supporto di Air Liquide alle industrie hard-to-abate

Nei settori hard-to-abate, Air Liquide sta già offrendo soluzioni proprietarie che consentono di decarbonizzare le attività dei propri clienti. In particolare, il Gruppo ha messo a punto una tecnologia per la cattura della CO2 chiamata Cryocap™ in grado di distillare anidride carbonica dallo stream emissivo portandolo alla temperatura criogenica. Il risultato è una CO2 allo stato liquido facilmente trasportabile.

Più la CO2 è concentrata nei fumi esausti di processo, più la cattura è efficace. A questo proposito, l’ossigeno può diventare un abilitatore di questa tecnologia di transizione e favorire la concentrazione di CO2 nei fumi. Nella tradizionale combustione di gas naturale e aria, infatti, il comburente è sempre e solo l’ossigeno, presente per circa il 20%, pur essendo necessario scaldare anche il restante 80% di azoto presente nell’aria. 

Ricorrere all’ossicombustione, ovvero alla combustione di gas naturale e molecole di ossigeno, permette di ridurre i consumi per riscaldare l’azoto. Non solo, permette anche di ottenere uno stream di gas esausti con maggiore concentrazione di carbonio, senza gas inerti nel processo, e più facile da catturare. In questo senso, Air Liquide può aiutare le aziende di diversi settori hard-to-abate nella strada verso la sostenibilità.

Le partnership di Air Liquide nel comparto hard-to-abate

Il Gruppo ha all’attivo diverse collaborazioni per affiancare le industrie hard-to-abate verso la riduzione delle emissioni. La tecnologia di cattura della CO2 Cryocap™ è protagonista del progetto siglato tra Air Liquide e Saras per decarbonizzare la raffineria di Sarroch, una delle più grandi d’Europa. Lo studio di fattibilità riguarda sia le tecnologie di cattura del carbonio dal processo produttivo di Sarroch, sia le soluzioni che ne consentono lo stoccaggio.

In Belgio, Air Liquide ha firmato un protocollo d'intesa per avviare la decarbonizzazione del nuovo cementificio di Holcim presentando domanda congiunta di finanziamento al Fondo europeo per l’Innovazione. Anche in questo caso, Cryocap™ sarà la tecnologia prevista per catturare il carbonio emesso dalla struttura di produzione.

Infine, il Gruppo supporterà in Italia la conversione dell’impianto di Verallia a Pescia (PT) da un processo di combustione tradizionale a un’ossicombustione ottimizzata. Terzo produttore mondiale di imballaggi in vetro per il food&beverage, Verallia è impegnata nell’evoluzione dei propri processi in un’ottica di maggiore sostenibilità. La gran parte delle emissioni dell’azienda deriva dall’energia impiegata per fondere il vetro: i forni dove questo avviene vengono, infatti, riscaldati attraverso la combustione di gas naturale e aria. La collaborazione con Air Liquide consentirà di sostituire l’aria con ossigeno puro, evitando le emissioni di azoto e ossido di azoto. Così facendo, si ridurrà l’impiego di gas naturale, aumentando l’efficienza del processo. Air Liquide fornirà, inoltre, la tecnologia proprietaria HeatOxTM per recuperare il calore emesso dal forno per ridurre ulteriormente l’energia necessaria.

Dai gas come abilitatori alle tecnologie più innovative, Air Liquide è al fianco delle industrie hard-to-abate per aiutarle nel percorso verso una maggiore sostenibilità ambientale, raccogliendo così una delle sfide più concrete e complesse del nostro tempo.